PROGETTARE E GESTIRE IL NETWORK DI UNA LOGISTICA DI RITORNO È TEMA CENTRALE PER CHI VUOLE EFFETTUARE CON SUCCESSO QUESTO TIPO DI ATTIVITÀ.
Tra i temi più trattati nella letteratura riguardante la Reverse Logistic un posto di primo piano spetta indubbiamente alle scelte progettuali di configurazione e a quelle gestionali di pianificazione delle attività di una rete. È importante sottolineare come la direzione del flusso di beni non sia costante lungo tutta la rete di recupero. Nella prima parte, infatti, il verso è opposto rispetto a quello della catena logistica tradizionale, ovvero va dal consumatore al produttore, mentre nelle fasi successive può essere recuperato una parte del valore originario del prodotto attraverso un reindirizzamento del flusso nuovamente dal produttore verso il consumatore.
- Le caratteristiche delle reti di logistiche di ritorno dipendono dalle diverse variabili che influenzano le scelte di recupero. Queste ultime possono essere raggruppate in tre gruppi:
le caratteristiche del prodotto: le proprietà fisiche ed economiche dei prodotti scartati, ovvero peso, volume, fragilità, contenuti tossici, deperibilità, valore economico e obsolescenza; - le caratteristiche della supply chain: riguardano le relazioni tra gli attori della filiera e i loro comportamenti; ogni attore ha responsabilità che vanno a influenzare la struttura dell'intera rete di recupero e alcune di esse vengono definite dalle legislazioni vigenti nel singolo Paese;
- le caratteristiche delle risorse: si intendono gli impianti e le persone; sono in particolare aspetti importanti per gli impianti la flessibilità (impianti dedicati/universali), il possibile sfruttamento di economie di scala e i costi legati agli investimenti e al loro esercizio.
Non è facile gestire con successo progetti riguardanti la logistica inversa. In primo luogo, il tema della Reverse Logistics è poco affrontato dalle aziende, soprattutto in Italia, dove non se ne percepisce ancora l'importanza economica e strategica: essa è infatti considerata come un'attività che genera costi aggiuntivi e raramente come una soluzione a una serie di disservizi reclamati dai consumatori. (immagine 1- catena circolare)
Il modello strategico prevalente nella Reverse Logistics prevede una catena logistica pressoché circolare (closed loop supply chain), dove il prodotto, concluso il suo naturale ciclo di vita, non è più considerato come un rifiuto da smaltire, bensì come un bene che può ancora avere un suo valore e che deve essere, a seconda delle sue effettive condizioni, opportunamente raccolto e concentrato in centri di trattamento.
In secondo luogo, le aziende sono orientate ad ottimizzare l'ingresso del prodotto sul mercato e il suo avanzamento lungo la filiera logistica diretta, senza rendersi conto che la logistica di ritorno può rappresentare una variabile importante per incrementare quote di mercato e acquisire vantaggi competitivi, attraverso un contatto più diretto con i propri clienti. Una difficoltà sottolineata da chi opera nella logistica inversa è la carenza di sistemi di gestione e pianificazione adeguati: sono infatti molte le attività coinvolte nel flusso di ritorno dei prodotti e questo complica la programmazione e la gestione del recupero. Il sistema informativo diventa così un elemento cruciale per integrare ogni attività del processo di logistica inversa; i tradizionali software di pianificazione della produzione devono fornire output adeguati a seconda della specifica forma di riutilizzo adottata. Nel caso di riutilizzo diretto, dove i beni che tornano non sono sottoposti a processi addizionali, non si presentano particolari problemi; diverso è il caso della rilavorazione in cui occorre gestire una sequenza di operazioni specifiche che aumenta notevolmente il livello di incertezza nella programmazione.
La gestione e il controllo delle scorte sono aree chiave per la pianificazione delle attività della logistica inversa. Da un punto di vista dei modelli adottati ciò che contribuisce a complicarne la gestione è il fatto che i flussi di ritorno determinano la perdita di monotonicità del livello di scorte tra due approvvigionamenti successivi di nuovi prodotti. In questo caso, infatti, tra i due eventi di rifornimento di nuovi componenti o prodotti il livello del magazzino può sia scendere, in presenza di vendite, sia aumentare in virtù del ritorno dei resi.
Un magazzino viene quindi approvvigionato in due distinte fasi: gli ordini di pezzi nuovi e il recupero di parti da beni rientranti. Quali possono quindi essere le motivazioni in base a cui le aziende dovrebbero attivare un programma di Reverse Logistic? Le motivazioni principali riguardano due grandi aree: la prima economica e la seconda ambientale. L'interesse economico è rivolto sia alla possibilità di recupero del valore del bene o di suoi componenti, fatto questo che è evidente nel caso si tratti di materiali preziosi o di resi commerciali funzionalmente integri e facilmente riproponibili nel canale commerciale in alternativa può essere legato agli eventuali risparmi conseguibili dalla possibilità di ridurre o evitare costi di approvvigionamento e trasformazione. L'interesse ambientale è strettamente connesso alla responsabilità sociale dell'impresa e ai sempre più restrittivi vincoli legislativi che le aziende sono tenute a osservare in relazione all’impatto che i prodotti e i servizi da esse offerti possono avere sull'ambiente.
Lo sviluppo industriale non può infatti prescindere dalla salvaguardia e dalla tutela ambientale. La riduzione di emissioni contaminanti, la minimizzazione dei residui generati, la produzione pulita, il riciclaggio e infine lo smaltimento dei rifiuti cominciano a essere elementi di formulazione della strategia aziendale.
Il modello auspicabile in futuro, rispetto a quello tradizionale, è quindi caratterizzato da aspetti che impattano positivamente sul sistema socioeconomico nella sua interezza.
Di Ettore Maraschi