FUTUROLOGIA PER L'INDUSTRIA ITALIANA
Le tecnologie che vengono diffusamente nominate come caratterizzanti la 4° Rivoluzione Industriale e le diverse ulteriori declinazioni in Industria 4.0, Fabbrica 4.0, Trasformazione Digitale, Data Driven Factory etc. non sono tutte figlie degli ultimi recenti periodi; di fatto, in particolare per alcune di esse la loro storia nasce già nel secolo scorso (vedi l’Intelligenza Artificiale, la Robotica, la sensorizzazione del funzionamento di macchine e impianti oggi alle cronache presentato come IIoT, per citarne alcune famose). Alcune, quindi, sono diffuse da tempo e sono già in uso nelle aziende.
La reale novità del paradigma Industria 4.0 consiste in un nuovo modo di pensare la fabbrica e le relazioni tra fornitori, produttori e clienti e tra uomo e macchina. In sostanza, non si tratta meramente di fare “cose vecchie” in modo innovativo: si tratta di fare “cose nuove” in “modi nuovi”.
Le imprese italiane dalle più grandi alle più piccole saranno potenzialmente messe nella condizione di crescere, svilupparsi ed avere successo: la piccola dimensione non potrà più essere un vincolo. La ricchezza dei nostri mercati e dei nostri territori sono una risorsa di inestimabile valore, che può e deve essere messa a frutto anche se le recenti avversità della pandemia e della guerra in Ucraina costituiscono, speriamo transitoriamente, un oggettivo freno allo sviluppo. Per farlo, serve però un duplice sforzo: quello pubblico e quello privato.
Da una parte le agevolazioni e gli aiuti finanziari del PNRR ma dall’altra anche le decisioni politiche delle istituzioni devono creare le condizioni abilitanti perché le imprese possano lavorare, sperimentare e svilupparsi (ad esempio: innovazione, internazionalizzazione e apertura al mercato dei capitali). Contemporaneamente le imprese stesse devono essere pronte ad aprire i propri orizzonti.
La rivoluzione digitale dell’Industria 4.0 potrebbe essere di fatto una magnifica opportunità per riposizionare e rendere più sostenibili i fattori competitivi nel mercato italiano, soprattutto in favore del nostro tessuto di Piccole e Medie Imprese (PMI). Potrebbe far emergere insomma sia la portata dei cambiamenti organizzativi a cui le imprese sono chiamate, sia il potenziale vantaggio competitivo dell’Italia.
Specie per quest’ultimo aspetto occorre però che le aziende intenzionate a realizzare i possibili cambiamenti ottenibili con l’introduzione in azienda delle nuove leve competitive rese disponibile attraverso ad esempio le logiche della ‘Data Driven Factory’ siano in grado di andare oltre la sola dimensione tecnologica dell’automazione e della digitalizzazione della fabbrica e sappiano porre in atto un nuovo modello economico per il mondo industriale dove in un divenire sempre più selettivo e competitivo la formazione, la specializzazione e la creazione di competenze in aree oggi quasi sconosciute ai nostri giovani, diventano la chiave per trovare una collocazione e una qualificazione professionalmente appagante. È davvero possibile che tale scenario si possa realizzare? Senza la reciproca collaborazione tra Pubbliche Amministrazioni e organi di rappresentanza dell’industria e delle parti sociali, senza leggi e normative adeguate tutto ciò rimarrà solo una velleitaria speranza.
Di Ettore Maraschi